Buongiorno a tutti! Oggi vi parlo della mia ultima lettura: La peste scarlatta, di Jack London, edito Urban Apnea Edizioni.
Jack London ha trascorso una vita incredibile. Io non mi appassiono alle biografie, ma nel suo caso ho fatto un’eccezione. Non starò qui a narrarla, ma una cosa è certa: London era determinato. Aveva un obiettivo e uno soltanto: fare lo scrittore. E ha dedicato anima e corpo alla scrittura, facendo anche i lavori più assurdi. I suoi occhi hanno visto tanto; avrebbe potuto limitarsi a descrivere storie ambientate nei luoghi visitati, parlare di persone incontrate durante le sue avventure. Di materiale ne aveva da usare per i libri. Ma lui è andato oltre e ha descritto anche scenari che non aveva vissuto ma che, ad oggi, si sono rivelati profetici. Uno tra i racconti che annovererei tra questi è proprio La peste scarlatta, una storia breve che racchiude un messaggio attuale, sebbene sia stato scritto da un uomo nato nel 1876.
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“La razza umana è condannata a piombare sempre più indietro, di nuovo nella notte dei tempi della civiltà, nell’era primitiva, per poi cominciare di nuovo la sua sanguinosa scalata verso la civilizzazione. Quando riprenderemo a proliferare avremo bisogno di spazio e inizieremo a ucciderci l’un l’altro”.
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Questa è la previsione di Nonno, uno dei protagonisti del racconto distopico di London.
Nonno è uno dei pochi che ricorda com’era il mondo prima che la peste scarlatta portasse via l’umanità agli uomini, ora divisi in tribù. Attraverso le sue parole capiamo cosa è successo dopo che il virus è dilagato. Tra le varie frasi di Nonno, trovo che questa sia la più simbolica di tutte. Emerge l’ottusità dell’essere umano, che finisce col commettere ciclicamente gli stessi errori. Il presente diventa passato in fretta e il passato si dimentica ancora più in fretta. Così i ragazzini membri delle tribù sono già pronti a farsi la guerra a vicenda, a marcare confini e a compiere gli stessi errori di sempre.