Anna dai capelli rossi

Anna fai capelli rossi. Foto.JPG

Buongiorno, lettori. Oggi voglio parlarvi di un libro per ragazzi che ho letto di recente. Anna dai capelli rossi. Ok, penserete: “Ma hai 31 anni suonati… perché leggi libri per bimbetti?”. In realtà per diversi motivi. Potrei dirvi che lo faccio solo perché sono un’autrice e devo tenermi in allenamento, studiare il linguaggio giusto. Certo, lo faccio anche per quello, ma non solo. Io adoro leggerli perché mi riportano in un mondo che non voglio, né vorrò mai abbandonare. Libri in cui i legami di amicizia sono importanti, dove i protagonisti sognano, rischiano di cadere ma si rialzano spinti dalla forza di volontà. Libri in cui la fantasia è talmente importante che diventa quasi uno dei protagonisti. Un po’ come succede nel libro di Lucy Maud Montgomery. La fantasia di Anna, infatti, è protagonista insieme a lei.

“Vuoi aspettare dentro la stazione?” chiese il capostazione un po’ seccato per il ritardo di Matteo dei Tetti Verdi.

“La ringrazio, lei è molto gentile” rispose la bambina “ma preferisco rimanere all’aperto: c’è più spazio per l’immaginazione”

“Tappeti persiani, tende di seta… sai quante volte ho immaginato stanze come questa?” sospirò Anna. “Ma se ti devo dire la verità, mi sento un po’ soffocare; c’è troppa roba, non c’è spazio per la fantasia. Il vantaggio di essere poveri è che si possono immaginare un sacco di cose per arredare una stanza”

Leggendo queste frasi del libro è facile intuire già due cose: la prima, che Anna ha un rapporto speciale con la fantasia; la considera quasi un’amica, una compagna di giochi alla quale tiene molto e che vuole sapere sempre al sicuro. La seconda, che la bambina è povera. Per chi non conoscesse la trama del libro, la spiegherò in poche parole. Ci sono Mattew e Marilla dei Tetti Verdi. Sono fratello e sorella, hanno una fattoria in un paesino canadese, ma con l’età si rendono conto che per mandarla avanti è necessario un aiuto. Decidono così di adottare un bambino per farlo diventare parte della famiglia, ma anche con l’idea di portarlo, una volta cresciuto, nei campi con Mattew. Quando Mattew si reca alla stazione per prendere il bambino, scopre però che all’orfanotrofio si sono sbagliati e gli hanno mandato una femmina. Inizialmente la vogliono rimandare indietro, poi, però, mossi da compassione decidono di tenerla. Anche se l’inizio di convivenza è tutt’altro che facile. Soprattutto per Marilla, che sembra non sopportare le stranezze di quella bambina così vivace. Non comprende come possa emanare tutta quella gioia di vivere, dato che la sua vita in passato non è stata per nulla gioiosa. Anna ama fortemente ciò che fa e apprezza le piccole cose di tutti i giorni.

“Marilla, meno male che esiste l’ottobre! Te l’immagini se passassimo direttamente da settembre a novembre?”

 “Meno male che vivo in un mondo dove c’è l’inverno: guarda gli alberi pieni di neve come sembrano fiabeschi!”

La vita di Anna con i suoi nuovi genitori procede così giorno per giorno. Non avvengono drammi particolari o eventi sconvolgenti. Le pagine scorrono raccontando la quotidianità della nuova famiglia; ma questo non significa certo che nel libro manchino le emozioni. Anzi… la protagonista le vive molto intensamente. Quelli che per gli adulti sono piccoli intoppi li considera vere e proprie tragedie. Perché di fatto, la grandezza del problema è anche proporzionale all’età di chi lo vive. Così una prima amicizia perduta diventa un qualcosa di insuperabile. Un commento poco carino diventa un qualcosa di imperdonabile. Poi, con lo scorrere del tempo, Anna continua a vivere la vita con eccitazione, ma pian piano si rende conto che crescendo si cambia: “Sai Marilla, la stanza degli ospiti era molto bella, ma chissà perché pensavo che dormirci fosse più emozionante. È il guaio di diventare grandi; le cose non sembrano più così importanti come le avevamo immaginate da piccoli”. Ma anche se cresce e inizia a vedere le cose diversamente rispetto a quando era bambina, tiene a precisare che nonostante non sia più la bimba smunta del primo giorno, dentro è comunque sempre la stessa: “Marilla, credimi, io sono sempre uguale dentro, come un albero che mette rami più grossi e robusti ma che rimane sempre lo stesso”. A me è piaciuta molto questa frase. Mi sono immaginata l’essere umano, che da piccolo alberello rafforza le sue radici per diventare grosso e maestoso. È sempre lui, solo più grande, più saggio. Ho immaginato che a minare la sua crescita tranquilla fossero rampicanti infestanti. Sapete quelle piante parassite che si attaccano alla corteccia degli alberi? Ecco, quelle le ho viste come le incertezze, le paure. Ma se è vero che quell’albero, all’apparenza irriconoscibile, perché diverso dall’alberello spennacchiato, è sempre lo stesso, allora significa anche che ha la forza di estirpare le piante che lo soffocano, perché la sua grandezza è nelle radici. Magari nell’arco della vita imparerà a vedere le cose diversamente, forse a volte con meno sfumature di colori, ma ciò che conta è impedire al nero e al grigio di dominare.

Ma ora non voglio divagare troppo. Tornando alla protagonista, quello che colpisce di Anna è la sua forza d’animo. Nonostante possa aver affrontato difficili avversità, il desiderio di vivere, e di vivere con gioia, traspare dal suo stare al mondo e dal modo stesso in cui ha deciso di affrontarlo, il mondo: “Non si può essere tristi di continuo, quando il mondo è così interessante”.

Nel complesso mi sento di consigliare la lettura di questo libro. È leggero ma fa anche sorridere. Si finisce col volere bene ad Anna, anche quando le sue reazioni risultano esagerate e fuori luogo. Concluderò questa recensione per l’appunto con una delle frasi che mi hanno fatto più sorridere durante la lettura, quando cioè la sua innocenza si è trasformata involontariamente in una gag divertente e ironica: “Deve essere interessante essere corteggiate. Ruby dice che avrà un sacco di innamorati e li farà impazzire. A me sembrano troppi, è meglio averne uno sano di mente”.

E voi cosa pensate della mia riflessione sull’albero? Sono curiosa di conoscere il vostro punto di vista.

Silvia Civano

Pubblicato da Silvia Civano

Genovese, classe 1987. Scrivere per me è come respirare aria pura. Scrivo libri, racconti e recensioni. Mi piace dedicarmi a generi diversi. Leggo thriller, fantasy, romance e horror. Amo la natura, ma anche le città. Questo perché adoro i contrasti. Mi appassiona ciò che in apparenza non si combina. È una sfida far combaciare parti di puzzle che non appartengono all'immagine prevista.

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