Buongiorno! Oggi vi parlo della mia ultima lettura: Appartamento 401, di Yoshida Shuichi, edito Feltrinelli.
Confesso che non sono entrata in sintonia con i protagonisti della storia, narrata da cinque pov diversi. Mi sono incuriosita solo quando ha iniziato a raccontare Okouchi Kotomi. E anche da lì, a parte qualche frase in cui ho trovato spunti di riflessione su cui soffermarmi, non posso dire di essere davvero entrata nell’appartamento 401 con i personaggi. È stato come se avessi letto la storia da esterna; e voi mi direte: “Va beh, è normale. Non eri mica lì con loro”. Ma quando un libro mi coinvolge davvero io mi sento di vivere a tutti gli effetti l’avventura che leggo. Il bello della fantasia abbinata alla lettura è proprio questo: poter vivere migliaia di vite, di emozioni; visitare luoghi senza partire davvero. Leggendo questo libro invece sono rimasta a casa mia. Che sia ben inteso: è scritto molto bene, e la mia curiosità è stata sollecitata abbastanza da portarmi per mano dall’inizio alla fine della storia, ma niente di più. Verso il finale avevo persino dimenticato la promessa della quarta di copertina: c’era un mistero da risolvere. Ma durante la lettura non si trovano indizi alla soluzione di tale mistero, che viene svelato solo nelle ultime pagine del libro.
Per concludere: scrittura impeccabile, dialoghi realistici, storia godibile, ma dimenticabile. Nota positiva: ci sono molti riferimenti a tradizioni e piatti tipici giapponesi. Ogni termine a noi sconosciuto è indicato in corsivo, e un glossario a fine libro spiega la parola in questione e qualche curiosità legata ad essa.
Copio qui sotto un paio di passaggi pregevoli che mi hanno obbligata a fermarmi per riflettere:
“Era come se dentro di me dicessi: “Da oggi vivremo insieme” e “Stammi bene, addio” nello stesso momento… L’inizio di ogni cosa in realtà è anche l’inizio della sua fine. Forse Koro-chan era già andata via il giorno stesso del suo arrivo nell’appartamento. Forse negli ultimi mesi non avevamo vissuto con la vera Koto-chan, ma con l’immagine residua della Koto-Cham che ci aveva già lasciati.”
Una volta lei mi disse “Siamo solo tu e io ad abitare qui”. Ma qualche volta mi sembra che ci sia anche qualcun altro. Non lo so spiegare, è come se ci fosse un mostro che abbiamo creato noi due. Non arrivò a dire “Ed è per questo che non ci sopportiamo più”. Intendeva soltanto che quando due persone si mettono insieme danno vita a cose del genere.
Quarta di copertina:
Ryosuke, Kotomi, Mirai, Naoki condividono illegalmente un appartamento a Tokyo, nel quartiere di Setagaya. La vita scorre tranquilla, senza incidenti né particolari conflitti, come le auto che si inseguono sulla tangenziale e non si scontrano mai. Ma fuori dall’appartamento 401 i quattro giovani si confrontano con le difficoltà del vivere, del comprendere se stessi e individuare il proprio posto nel mondo. Quando un quinto ragazzo, lo sconosciuto Satoru, compare sul divano di casa e inizia a vivere con loro, nel quartiere cominciano a verificarsi strane aggressioni a giovani donne. Nella forzata intimità inizia a nascere la sensazione che gli abitanti dell’appartamento 401 non mostrino mai davvero la loro natura. Persistente, si fa strada nel lettore il sospetto che uno dei ragazzi sia coinvolto nelle violenze. E inquietante emerge la domanda: conosciamo mai davvero le persone con cui viviamo?